Un panino all’aria aperta: i consigli di Daniele Reponi per un pranzo al sacco e uno sguardo alle ricette social

La primavera è alle porte, e con lei le gite e i picnic all’aria aperta. In questi casi, i panini per il pranzo al sacco saranno immancabili, e chi meglio di Daniele Reponi (il re dei panini) a cui chiedere consiglio?

 

Daniele, come cambia la cucina con l’arrivo della primavera e della bella stagione? 
Adesso i prodotti hanno un impatto di freschezza maggiore rispetto ai cavoli, ai broccoli e tutte le verdure che ci sono in inverno. C’è inoltre questa tendenza a riscoprire le erbe di campo. Qui in pianura sono rare, mentre salendo in collina si ha la possibilità di trovare diversi tipi di radicchio selvatico e di tarassaco. Se penso che ci nutriamo di insalate ‘allevate’, mentre abbiamo a disposizione tutte queste erbe con cui fare insalate primaverili meravigliose, condite con una punta di aceto balsamico e un po’ di pancetta abbrustolita, ideali da mettere anche in un panino”. 

Quali altri prodotti si possono utilizzare per un pranzo al sacco? 
I cipollotti, per esempio. Ci si può fare una frittata, usando anche il gambo, che è la parte più importante, da mettere dentro ad un buon pane, tipo ciabatta croccante, con un letto di erbe di campo condite con l’aceto balsamico. Questo è un panino ideale per un picnic, e dopo ti puoi fare anche un pisolino (ride). Il segreto è scegliere gli ingredienti giusti, a partire dal pane”. 

A Modena, però, si fa fatica a trovare il pane buono…
Abbiamo perso la cultura della panificazione, ma negli ultimi anni c’è stato un tentativo di recuperarla. Conosco diversi agricoltori nel modenese che hanno fatto un grandissimo lavoro di recupero di tipologie di grano tenero, come il Mentana, che originano un pane meraviglioso. Da troppo tempo si dà spazio ad una panificazione ‘industriale’, con farine e lieviti potenziati in modo da accorciare le lavorazioni. Se all’inizio sembrava una cosa positiva, adesso ci siamo accorti che questi tipi di pane non fanno bene né a chi li mangia, né al palato, e infine vi è la perdita della cultura dei fornai”. 

Sui social i video di ricette, anche brevi, vanno per la maggiore. Perché hanno tanto successo e hai mai pensato di provare a farli anche tu?
Il fatto di postare ricette così veloci può avere senso. Purtroppo sempre più persone hanno poco tempo per dedicarsi alla cucina, perciò avere qualcosa di rapido da fare può essere uno spunto. E’ un peccato mortale non dedicarci a quello che mettiamo in tavola, perché è un modo per prendersi cura di sé stessi e di chi è con noi. Non amo molto i social, forse anche per una questione di età, ma avevo provato a postare qualche ricetta, ma io sono un chiacchierone e mi piace spiegare bene i prodotti, perciò non riuscirei a stare in un video di trenta secondi”.

Però sei apparso in qualche video sulla pagina “Chef in Camicia”…
Sì, ho fatto qualche cosa e sono anche sulla loro piattaforma ‘Accademia’, di fianco a mostri sacri della cucina e della pasticceria e per me è un onore. Con loro mi sono trovato bene: mi hanno fatto fare la ricetta, e poi in seguito hanno fatto un grande lavoro di montaggio. Quindi non è tanto la ricetta ad essere breve, ma il suo racconto. Le preparazioni fatte su alcune tipologie di panini sono abbastanza lunghe. Loro hanno trovato questa chiave di narrazione, con alle spalle una troupe seria, che rientra nei loro tempi social, senza sacrificare la ricetta. Questo mi sembra un buon compromesso”. 

A proposito di panini e social, sai spiegarti il fenomeno dell’Antico Vinaio di Firenze? 
Me lo sono chiesto mille volte. L’Accademia del Panino Italiano mi ha mandato ad intervistare proprio Tommaso Mazzanti (proprietario dell’Antico Vinaio). Non lo conoscevo personalmente e, mentre stavamo parlando davanti al suo locale, vedevo arrivare una marea di gente che si metteva in fila e rimasi a bocca aperta. Sono stati bravi a coniugare il contesto di tradizione, che è sempre molto importante quando si parla di cibo in Italia, e a proporlo in una maniera fresca, adatta ai social. Ha cominciato a postare le foto e video di queste focacce fumanti e piene di ingredienti nel momento giusto, quando non c’era ancora la ricerca e diffusione del ‘food porn’, del cibo che straripa. La focaccia che ho assaggiato da lui, quella tipica con la finocchiona, è molto buona, mentre altre cose non mi fanno impazzire. Lui però rimane una persona gentilissima e si merita tutto il successo che ha avuto”. 

Com’è cambiata la cucina dopo le varie quarantene, nelle quali le persone hanno imparato a farsi le cose in casa? 
In questo periodo storico, la gente si è ingegnata per ricominciare a fare le cose in casa. Questo fatto, è un modo per interessarsi a che cosa si consuma che ti porta a migliorare. E’ un modo per investire sulla cultura del cibo. Il pericolo enorme, invece, lo vedo nel delivery. C’è stato un boom, ma è un modo di consumare il cibo che non mi piace. Per carità, ogni tanto lo ordino anch’io, ma secondo me questo modo di mangiare alla lunga ci può allontanare dalla cultura del cibo, oltre al fatto che viene a meno la convivialità. Spero che sia una moda e un impeto per sopperire al fatto che non potevamo uscire. D’altro canto, se vogliamo continuare ad usare il delivery, spero che si riescano a trovare modalità di consegna che siano più rispettose del cibo stesso”. 

Hai delle novità circa l’apertura di un tuo locale a Modena? 
Purtroppo no. In realtà sto mettendo in piedi diverse collaborazioni, sia a Modena che fuori, e qualcuna verrà portata avanti. Mi ero messo in testa di riuscire a fare la stagione in Romagna. Avevo trovato un chioschetto bellissimo a Riccione dove fare i miei panini, ma c’è stata qualche complicazione a livello burocratico e non so se andrà in porto”. 

Hai mai pensato di applicare questa idea in un food truck? 
Ci ho pensato varie volte, ma mi mette un po’ d’ansia perché con il food truck puoi andare solo ad un certo tipo di eventi ‘preconfezionati’. C’è molta rigidità, ed è rischioso perché sei molto dipendente dal meteo. Per quanto sia affascinante come idea, mi ha sempre lasciato troppi dubbi”. 

 

di Mattia Amaduzzi

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