Gallerie Estensi, bussola per tempi difficili. Intervista alla direttrice Alessandra Necci

(foto Gallerie Estensi)

Primi mesi di lavoro per la neodirettrice delle Gallerie Estensi Alessandra Necci, insediatasi a gennaio. Prima uscita espositiva: “Barocco da collezione. Le terrecotte della donazione Guandalini Kabaivanska”, visitabile fino al 10 novembre. E una serie di progetti futuri.

Prima di tutto, come si trova a Modena?
Lavorare e operare in questi luoghi e in queste terre è un privilegio. Il nostro è un museo diffuso con eccezionali peculiarità da valorizzare: la Galleria Estense, la Biblioteca Estense Universitaria, il Lapidario, il Palazzo Ducale di Sassuolo (a mio avviso il più bel palazzo barocco del nord Italia), e ancora la recente acquisizione di parte dell’abbazia di San Pietro, oltre alla pinacoteca di Palazzo dei Diamanti a Ferrara (che è comunque oggetto di scorporo e farà parte dei musei autonomi di Ferrara).

Come collegare questi luoghi?
In questi mesi si è confermata l’idea che avevo ancor prima di arrivare a Modena: il collante è la matrice storica. Gli Estensi sono una delle dinastie più longeve della nostra storia, necessita di un adeguato storytelling. A questo riguardo abbiamo in progetto due grandi mostre – una al 2025 e una al 2026 – sulle figure femminili, da Isabella d’Este a Lucrezia Borgia, a Laura Martinozzi, un tema a cui io mi dedico da molto tempo. L’ultima mostra di questo tipo a Modena è del 1998 con “Sovrane Passioni”. Credo che gli esempi delle grandi donne estensi possono dire molto anche alle ragazze di oggi.

Nuove generazioni: come rendere attrattive le Gallerie Estensi anche a loro?
Si tratta di raccontarle, in varie forme. Di recente Rai Storia ci ha dedicato una bellissima trasmissione intitolata “Il tesoro degli Este tra Modena e Sassuolo”: si può vedere su RaiPlay.

Di recente lei ha ricevuto un’onorificenza in Bulgaria: qual è stata l’occasione?
Conserviamo un prezioso trattato seicentesco di Petar Bodgan, primo storico oltre che primo arcivescovo della Bulgaria. Ne abbiamo fatto realizzare una straordinaria riproduzione certificata che abbiamo donato al museo archeologico di Sofia. Credo che i legami internazionali vadano coltivati, del resto gli Estensi si erano imparentati con tutte le grandi dinastie europee e ancora oggi i nessi con tutti i paesi europei sono potenti. Basti pensare a Mary of Modena, per quattro anni regina in Inghilterra.

La storia si intreccia con la geografia?
Sì, storia e geografia vanno studiate e capite insieme, a questo proposito tra i progetti della prossima stagione, posso dire che ci sarà una nuova installazione nella primissima sala della Galleria Estense. L’idea è proporre un racconto degli Este, introdurre i visitatori alla storia estense in modo che anche il nesso tra collezioni e collezionisti sia più immediatamente leggibile. Mi auguro che riusciremo a inaugurarlo per dicembre.

Ulteriori progetti in cantiere?
Una mostra sugli egizi, una delle passioni dei collezionisti estensi.

Quando farete fruttare l’ampliamento degli spazi dell’ex ospedale estense?
Beh, è un lavoro complesso, richiederà tempo, ma avremo finalmente la possibilità non solo di esporre ciò che è contenuto nei depositi di Palazzo Coccapani, ma anche forse di dar vita a un piccolo museo della storia estense.

Progetti per Sassuolo?
Dovrà essere restaurata la parte della peschiera, tutta giochi d’acqua, vogliamo che torni a tutto il suo splendore. Sarà necessario il lavoro di squadra del territorio, una forte collaborazione tra tutti quelli che gli inglesi e gli americani chiamano stakeholders.

Forse Modena ce l’ha un po’ nel dna questa cultura del fare sistema, no?
Sono rimasta colpita dalla generale operosità che è finalizzata anche alla comunità. Non sempre, invece, è così.

San Pietro è una risorsa oppure è un problema?
Penso sia importante come realtà che ritorna alla cittadinanza, sottraendosi magari a problemi di degrado. L’ipotesi che il Ministro della Cultura ha formulato con noi delle Gallerie Estensi è trasformarlo, almeno in parte, in un museo del libro, inteso come cultura dell’editoria e della stamperia, perché Modena ha una tradizione eccezionale in tal senso. E c’è un altro tema stimolante: la terracotta. Lì accanto c’era l’officina del Begarelli, si potrebbe immaginare di dedicargli un’area.

Oltre alla conoscenza, che ruolo gioca l’emozione quando si entra in un museo?
La passione è proprio il primo motore, quella che fa la differenza. Penso anche in una fase difficile come quella attuale, priva di grandi punti di riferimento, la cultura e quindi i musei rimangano uno dei luoghi che non solo danno nutrimento allo spirito, ma forniscono una bussola potente per orientarsi in tempi difficili. In un contesto liquido come diceva Bauman, io direi a volte perfino gassoso, i musei sono indispensabili.

di Francesco Rossetti

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